Scherza (su PokemonGo: «Sono andato al Colosseo non per correre, ma per cercarli»), si commuove (parlando della figlia), si dice vicino al nostro Paese (soffermandosi sul terremoto). E, dopo aver bevuto un sorso d’acqua ed essersi preso qualche secondo, Mark Zuckerberg risponde al quesito più delicato e attuale propostogli dagli studenti della Luiss di Roma, dove si è intrattenuto per un’ora di botta e risposta, sul ruolo di Facebook nell’industria dell’informazione.
«Non siamo una media company»
«Siamo una società di tecnologia, non una media company. Non produciamo e non modifichiamo contenuti. Mettiamo a disposizione gli strumenti per connettervi», ha dichiarato il fondatore di Facebook, esprimendo una posizione chiara sul dibattito sulle responsabilità — economiche e non — delle piattaforme che ospitano materiale giornalistico. Secondo Zuckerberg, il social network integra l’attività dei media tradizionali ma con una missione esclusivamente tecnologica e di stimolo alla condivisione di opinioni. I differenti modi per informarsi nell’era di Internet coesistono e non si sovrappongono.
«Rimanere in contatto con gli amici lontani»
La piattaforma da 1,7 miliardi di iscritti, ha aggiunto, «non sostituisce l’interazione personale, ma è utile per comunicare con persone con le quali è difficile rimanere in contatto. In Europa ogni utente ha almeno 50 amici che provengono da un altro paese». «Io non parlo con mia moglie via Facebook», ha precisato chiamando in causa Priscilla Chen, che lo ha accompagnato durante il suo viaggio in Italia. Spazio anche al resto della famiglia: ai genitori, «mi hanno insegnato che bisogna sfruttare al meglio il tempo a disposizione e continuare a migliorarsi», e alla figlia Max, «mi manca. Niente mi rende più felice nella vita. Sono molto fiero di lei».
«Non avere paura degli insuccessi»
Coinvolto, quando parla dei suoi cari, ma molto chiaro nel ripetere che «bisogna avere idee che lascino un segno nel mondo». Il segreto del successo «sono le persone giuste di cui bisogna circondarsi». È necessario «costruire imprese fondate sull’apprendimento continuo». «Imparare», verbo utilizzato spesso nel discorso. Anche dagli insuccessi, che non devono condizionare: «Verremo ricordati per le cose che facciamo, non per i nostri errori». Cita Einstein, e i suoi errori seppelliti sotto il peso delle sue scoperte. Ed Enea, che ci ha insegnato la perseveranza. Dalla mitologia greca, al latino: «L’ho studiato perché sono un disastro con le lingue, e il latino non si deve parlare».
La donazione (in pubblicità) e l’arrivo di Jarvis
E a proposito della volontà di agire, Facebook Italia donerà 500 mila euro di pubblicità gratuita alla Croce Rossa (qui la donazione di un server all’Università di Modena e Reggio Emilia). Durante il terremoto di mercoledì scorso, ha detto Zuckerberg, il «sistema Safety Check ha funzionato bene». L’intenzione è di permetterne l’attivazione diretta da parte degli utenti (come avevamo anticipato qui), che in caso di pericolo o calamità naturale potranno incoraggiare l’attivazione della funzione con cui comunicare che si è al sicuro. Altro (semi)annuncio è quello relativo a Jarvis, sistema di domotica dotato di intelligenza artificiale che dovrebbe vedere la luce sotto forma di demo il mese prossimo. L’imprenditore 31enne si è soffermato sul nostro Paese anche per lodarne la «cultura imprenditoriale. Il 90% degli utenti Internet, 9 utenti su 10, in Italia sono connessi a piccole e medie imprese. È un dato sorprendente».
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