C’è un tratto di mare, particolarmente famoso, in mezzo all’oceano Atlantico.
Deve avere qualcosa di speciale per aver ispirato tanti capolavori della letteratura americana. “Capitani Coraggiosi” di Kipling è stato scritto davanti a quella costa, il viaggio di Moby Dick comincia da quel molo. Siamo a nord di Boston, nel Massachusetts, lo stesso tratto di mare in cui si inabissò l’Andrea Doria.
Quello che ha ispirato il film “la tempesta perfetta”. Il luogo in cui visse il pittore Edward Hopper. Un mare freddo e nebbioso, che ha sfamato l’America e l’Europa per quattrocento anni. I pescatori raccontano che ci potevi camminare sopra al mare per quanto pesce c’era. E questa è la ragione per cui a Gloucester, cittadina nel mezzo dell’America più profonda, si parla siciliano.
Non solo nelle case, ma ovunque, per strada, nei mercati e soprattutto sui pescherecci dove i comandi si danno in siciliano. A Gloucester ci sono 20 mila italiani, sono arrivati tutti dallo stesso paese: Terrasini, in provincia di Palermo e da cinque generazioni fanno tutti lo stesso mestiere, a cavallo tra due mondi, conservando rituali e tradizioni di un lavoro durissimo.
I pescatori sono gente tosta, si sa, ma per pescare in un luogo del genere ci vuole anche talento. L’inverno per uscire in mare bisogna prima spaccare il ghiaccio che circonda la barca. E poi non si vede niente, c’è sempre la nebbia. I pesci sono enormi, le correnti irresistibili e le onde possono arrivare a dieci metri. Morire in questo mare è facilissimo, ma i pescatori di Terrasini sono tra i migliori del mondo e “a la merica” se ne sono accorti tutti. A nord di Boston hanno fatto fortuna e non sono più tornati indietro.
Gloucester è un pezzo di Sicilia di fronte all’Oceano. Una città dura in inverno, splendida d’Estate, quando i turisti arrivano in massa, davanti al porto più antico d’America per avvistare le balene.
Se capiterete da quelle parti a giugno non perdetevi la festa di San Pietro, importata dagli italiani di Terrasini.
Cinque giorni di festa, per celebrare il santo protettore dei pescatori. E per ricordare quelli caduti in questo tratto di mare generoso e faticoso insieme. Salato di lacrime e di fatica.
Franco La Cecla, antropologo e film maker, ha raccontato nel 2010 questa storia con il documentario “In altro mare“, vincendo l’Ocean film festival di San Francisco.
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