- Uno. Nutti e jornu farìa sta via!
- Tutti. Viva Santa Rusulia!
- U. Ogni passu e ogni via!
- T. Viva Santa Rusulia!
- U. Ca ni scanza di morti ria!
- T. Viva Santa Rusulia!
- U. Ca n’assisti a l’agunia!
- T. Viva Santa Rusulia!
- U. Virginedda gluriusa e pia
- T. Viva Santa Rusulia!”
- Questo il canto antichissimo di una cittadinanza che si è riversata, come ormai è tradizione da più di tre secoli, lungo l’antico asse del Cassaro per accompagnare l’uscita della Santuzza dalla Cattedrale, una Santa Rosalia la cui effigie, realizzata quest’anno a cura degli studenti e dei docenti del liceo artistico ”Catalano” , ha saputo conquistare anche i più diffidenti.
- La grazia di un volto giovane e delicato, dai tratti eterei ed insieme ieratici, una figura issata su di una imbarcazione leggiadra e decorata con migliaia di rose rosse. Simbolo di forza ed insieme di leggerezza.
“È la leggerezza il tema scelto quest’anno per il ‘Festino’ di Santa Rosalia che ha preso il via il 13 per concludersi il 15 con la festa religiosa. Un tributo ai giudici Falcone e Borsellino, un concorso fotografico sulla processione religiosa, la diretta streaming di alcune celebrazioni e un’opera teatrale che prende spunto dalla storia di Santa Rosalia sono state solo alcune delle novità del programma di quest’anno che per la terza volta ha annoverato la direzione artistica di Lollo Franco.
Poco più di 236 mila euro il budget stanziato “grazie alla programmazione biennale”, ha precisato il sindaco Leoluca Orlando, presente insieme all’arcivescovo di Palermo Lorefice e all’assessore comunale culturale Andrea Cusumano.
“Per il tema mi sono ispirato alle parole di don Corrado Lorefice dello scorso anno, quel ‘Palermo alzati, l’inverno è finito’ – ha detto Cusumano – alzarsi indica la capacità di sapersi sollevare e liberarsi da quei gioghi che hanno bloccato lo sviluppo civile e culturale della città. Il Festino è lo specchio di Palermo e la leggerezza come tema rappresenta la capacità di elevarsi nei prossimi anni. Non a caso entrerà tra le manifestazioni di punta del cartellone di capitale italiana della cultura che è la vera grande cornice del 2018 all’interno della quale vi è Manifesta”. (Fonte BlogSicilia.it)
Ed è la sera del 14 luglio che i festeggiamenti giungono all’apice: una grande “processione popolare”, partendo dalla Cattedrale procede lungo l’antico Cassaro fino al mare, passando attraverso Porta Felice, secondo un itinerario ideale dalla morte (la peste) alla vita (la luce dei fuochi d’artificio in riva al mare).
Antica, anzi, antichissima, la storia di amore e devozione che lega la città di Palermo alla sua ”Santuzza” (come viene affettuosamente chiamata dai palermitani), in occasione del tragico evento della peste. “Nell’anno 1694 il viceré di Sicilia, Emanuele Filiberto di Savoia, residente a Palermo, fece entrare nel porto cittadino un vascello proveniente da Tunisi e guidato da Maometto Calavà, moro tunisino, sospetto di peste, contenente innumerevoli doni, ricchi e preziosi, e schiavi cristiani liberati. Il morbo si diffuse così tra i topi, nei mercati, nelle aree periferiche ed infine nel centro cittadino. La popolazione, martoriata dalla peste continuava ad ammalarsi e a morire e si affidava invano alle sante protettrici della città e dei quattro mandamenti cittadini: sant’Agata, santa Cristina, Sant’Oliva e Santa Ninfa (le cui statue campeggiano ai 4 lati dei 4 Canti di città)”. (fonte Wikipedia)
Tutto invano. La peste decimava la popolazione.
Narra la storia, ormai inestricabilmente legata alla leggenda, che Rosalia venne in sogno ad una certa Girolama La Gattuta, anch’essa ammalata di peste, promettendole la guarigione se avesse fatto una cosa per lei.
Fu così, che seguendo le indicazioni della fanciulla apparsa in sogno, la donna ed un gruppo di uomini saliti su Monte Pellegrino, trovarono la grotta dove la giovinetta di nobili origini si era esiliata per seguire la propria vocazione, morendovi in solitudine e odor di santità. La donna bevve dell’acqua scaturita come per miracolo da una roccia e guarì improvvisamente. Scavarono per giorni, e trovarono una lastra di pietra molto sottile al di sotto della quale vi erano ossa bianchissime che emanavano un meraviglioso odore di rose.
Ricostruito lo scheletro, dalle dimensioni e forma inequivocabilmente femminili, di Rosalia Sinibaldi, le sue spoglie vennero trasportate e custodite nel Palazzo Arcivescovile di Palermo, in uno scrigno di argento e vetro.
Ma la storia ci racconta anche altro.
Di una città che rimaneva ancora piegata e piagata da un morbo impietoso. E di un uomo, che sconvolto per la morte della giovane moglie, ammalatasi di peste, decise di farla finita.
Anche a quest’uomo, Rosalia apparve come una visione, dicendogli che la peste sarebbe stata sconfitta per sempre solo se le sue reliquie fossero state portate in processione per la città, cantando il ”Te Deum Laudamus”
Così fu. E la città venne purificata.
Così ogni anno, da quel 14 luglio 1625, le reliquie vengono portate in processione per tutto il Cassaro e fino alla porta della Città, per celebrare la sconfitta della peste. La vittoria del bene sul male e della vita che si rinnova.
Metafora di una città che, mai come quest’anno, ha saputo sconfiggere il morbo dell’inedia e della disillusione.
Che ha saputo, sotto l’egida di un Sindaco e di una giunta comunale con la giusta visione, celebrare se stessa e la sua santa patrona.
Facendo festa tutta insieme.
Chi assistesse per la prima volta ad un ”Fistinu” (Festino) si troverebbe immerso in una fiumana di umanità e colore, di devozione e gioia, di un sentire comune che si convoglia di fronte alla Cattedrale per accogliere con un boato l’uscita della ”Vara”, che si snoda compostamente lungo il Cassaro per poi esplodere di gioia ai 4 Canti, al grido di ”Viva Palermo e Santa Rosalia”, che si lascia stupire dalla maestria degli artisti che volteggiano a decine di metri dal suolo, dalla fatica e dalla devozione degli appartenenti alle confraternite, che hanno l’onore di trascinare il carro lungo il percorso, per giungere, stanchi e accaldati alla fine di un percorso che si conclude fisicamente a Porta Felice (ma che potrebbe essere un percorso metaforico, quando non di fede) per assistere ai meravigliosi giochi pirotecnici che chiudono la parata.
Il Festino di Santa Rosalia è stato di recente insignito del titolo di ”Patrimonio immateriale dell’Umanità” da parte dell’UNESCO.
Quello che rimane, dopo che la festa si è conclusa, dopo che il cielo notturno del Foro Italico si è dipinto di tutti i colori dell’arcobaleno, dopo le danze e i canti, dopo le grida e le preghiere silenziose di chi ha chiesto e di chi è stato esaudito, la percezione di leggerezza e gioia, il senso di fiducia e la consapevolezza del “risveglio” di una città, una sensazione che si rinnova ogni anno e che ci accompagnerà lungo tutto il 2017, fino alla prossima edizione.
(Video courtesy by MeridioNews)
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